Il caso che coinvolge Leonardo Apache La Russa, figlio del presidente del Senato Ignazio La Russa, e il suo amico Tommaso Gilardoni, ha suscitato un acceso dibattito in Italia. Al centro della controversia c’è una giovane donna, oggi ventiquattrenne, che ha accusato i due di stupro. Tuttavia, la procura di Milano ha richiesto l’archiviazione del caso, sostenendo che le prove a carico degli indagati non supportano le accuse di violenza sessuale, ma solo quelle di revenge porn.
La ragazza, assistita dall’avvocato Stefano Benvenuto, si oppone fermamente a questa decisione. Secondo quanto riportato da Repubblica, la giovane ha affermato di voler «andare fino in fondo» per far valere la sua verità. In particolare, ha dichiarato: «Il consenso non c’è stato». Le sue parole esprimono una certa vulnerabilità, poiché ha rivelato di aver temuto di non essere creduta, soprattutto a causa del suo presunto utilizzo di sostanze alcoliche e stupefacenti. È stato proprio suo padre a incoraggiarla a denunciare l’accaduto, nonostante la paura di non essere presa sul serio.
La posizione della procura
Nel documento della procura, la PM Rosaria Stagnaro ha descritto il racconto della ragazza come genuino e spontaneo, ma le conclusioni legali si discostano nettamente dalla sua esperienza. La procura ha osservato che la ragazza, durante la notte in questione, ha subito un blackout, che non esclude, però, la sua capacità di autodeterminarsi. Questo è un punto cruciale, poiché la procura sostiene che, nonostante il suo stato alterato, la giovane fosse in grado di esprimere il consenso.
Le immagini video sono emerse come elementi decisivi nel discorso della procura. Secondo i pubblici ministeri, i filmati estratti dai cellulari degli indagati mostrano la ragazza mentre partecipa attivamente agli atti sessuali, senza apparenti problemi di mobilità o coordinazione. In uno dei video, la giovane si accorge della ripresa, volta lo sguardo verso lo specchio del bagno e sembra incoraggiare la registrazione con suoni e gesti. La procura ha sottolineato che questi comportamenti non evidenziano una condizione di asimmetria psicologica o fisica, necessaria per configurare una violenza sessuale.
Il dibattito sulla cultura del consenso
Questo aspetto è fondamentale nel ragionamento giuridico della procura, che ha affermato di non avere prove sufficienti per dimostrare che la ragazza non fosse lucida e consenziente al momento dei rapporti sessuali. Si sostiene, quindi, che gli indagati potessero ragionevolmente credere che ci fosse consenso, nonostante l’assunzione di alcol e altre sostanze da parte della giovane.
Inoltre, il documento della procura chiarisce che i video non mostrano alterazioni evidenti dello stato di coscienza e vigilanza della ragazza, ma piuttosto un comportamento coerente in un contesto relazionale. Questo ha portato i pubblici ministeri a concludere che il comportamento di La Russa e Gilardoni, pur connotato da una certa superficialità e volgarità nel trattare la ragazza, non possa essere definito violento in termini giuridici.
La ragazza, nel frattempo, ha mantenuto la sua posizione, affermando che il consenso non c’era e che gli eventi di quella notte la tormentano. È interessante notare come la sua testimonianza, pur essendo considerata genuina, venga messa in discussione a causa delle evidenze video e delle circostanze che hanno circondato la serata. Questo solleva interrogativi su come la società e la giustizia trattino le accuse di violenza sessuale, specialmente in contesti in cui sono coinvolti giovani e sostanze.
La lotta per la verità
Il caso ha sollevato anche questioni più ampie riguardo alla cultura del consenso e all’importanza di educare i giovani su questi temi. La narrazione della ragazza, che parla di un’assenza di memoria e di un sentimento di disagio, è rappresentativa di molte esperienze che non ricevono sempre l’attenzione e il rispetto che meritano.
In un contesto giuridico e sociale dove le accuse di violenza sessuale sono spesso accompagnate da scetticismo, la questione del credito delle vittime è cruciale. La giovane donna ha espresso la sua determinazione a continuare a lottare per la verità, nonostante le difficoltà e le incertezze che la circondano. La sua storia è un richiamo potente alla necessità di ascoltare e sostenere le vittime, indipendentemente dalle circostanze, e di promuovere una cultura di rispetto e consapevolezza riguardo al consenso.
Le prossime fasi di questo caso saranno monitorate con attenzione, sia dal punto di vista legale che sociale, poiché rappresentano una battaglia importante nel contesto della giustizia e dei diritti delle donne in Italia.