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Un episodio recente ha suscitato scalpore e indignazione a Milano: la gelateria Icebound, situata in corso Garibaldi, è stata chiusa per tre giorni a partire dal 12 marzo 2023. Il provvedimento, emesso dalla polizia, ha portato alla chiusura del locale di Roberto Cassina, in base all’articolo 100 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza. Questo articolo, tradizionalmente utilizzato per affrontare situazioni di grave ordine pubblico, è stato invocato a seguito di due precedenti sanzioni ricevute dal gelataio, sollevando interrogativi e perplessità.
La gelateria era già stata al centro della polemica a causa di un’ordinanza comunale che vieta la vendita di cibo e bevande da asporto dopo le 22 in un tratto di corso Garibaldi. Questa decisione è stata presa per contenere il fenomeno della movida e l’inquinamento acustico, in risposta alle lamentele di alcuni residenti. Tuttavia, Cassina ha evidenziato come la situazione penalizzi in modo sproporzionato un numero ristretto di attività commerciali, mentre molti locali nelle vicinanze rimangono aperti ben oltre le 22.
Roberto Cassina racconta di come la chiusura sia stata effettuata senza alcun preavviso. “Sono arrivati verso mezzogiorno e hanno chiuso tutto”, ha dichiarato in un’intervista a Open, evidenziando la perdita economica significativa subita dal suo business, costretto a buttare via migliaia di euro di gelato. “Mi hanno informato che il provvedimento era stato attivato su segnalazione del Comune di Milano. Hanno applicato un articolo usato per situazioni di emergenza, quando ci sono reati gravissimi. Ma io faccio gelati, non delinquenza”, ha aggiunto, sottolineando il paradosso della situazione.
Le due sanzioni che hanno portato alla chiusura sono state emesse in passato:
“Se davvero fosse stata una situazione grave, perché aspettare quasi un anno per chiudermi il locale?”, ha detto Cassina, ponendo un interrogativo sulla tempistica e sull’efficacia delle sanzioni.
La gelateria Icebound non è l’unica attività coinvolta nelle restrizioni legate alla movida. Tuttavia, Cassina sostiene che la restrizione di vendita da asporto dopo le 22 colpisca ingiustamente una manciata di locali, senza affrontare il problema in modo equo. “Chiudere alle 22 penalizza il commercio. Ma solo per sette locali in tutta Milano, mentre a un metro da qui è tutto aperto”, ha affermato. Questo ha sollevato interrogativi sulla coerenza delle misure adottate e sull’impatto reale sulle attività commerciali.
Il commissario che ha supervisionato la chiusura ha commentato che non aveva mai visto una situazione simile in 20 anni di carriera, evidenziando l’eccesso di zelo con cui sono state applicate le norme. Cassina ha quindi rinnovato l’appello al comune affinché vengano trovate misure più eque per i commercianti, affinché possano continuare a operare senza timori di sanzioni e chiusure improvvise.
La questione della movida a Milano rappresenta un tema di dibattito acceso tra residenti, commercianti e amministrazione comunale. Le ordinanze per limitare la vendita di alcolici e cibo da asporto sono state implementate in diverse zone della città, spesso come risposta alle lamentele dei cittadini riguardo al rumore e al degrado urbano. Tuttavia, l’applicazione di tali misure ha sollevato interrogativi sulla loro giustizia e sull’efficacia nel risolvere i problemi di fondo.
In molti casi, i commercianti si sentono penalizzati da regolamentazioni che sembrano colpire solo alcune aree, lasciando altre zone sostanzialmente immuni dalle stesse restrizioni. Ciò ha portato a una crescente frustrazione tra gli imprenditori, che vedono le loro attività messe a repentaglio senza che vi sia un reale miglioramento della situazione.
La storia di Icebound evidenzia la necessità di un dialogo costruttivo tra le autorità locali e i commercianti, per trovare soluzioni che tutelino sia il diritto dei cittadini a vivere in un ambiente tranquillo, sia quello degli imprenditori a gestire le loro attività in modo sostenibile e redditizio.
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