La questione di Alberto Stasi, condannato per l’omicidio di Chiara Poggi nel 2007, rappresenta un caso emblematico di giustizia controversa in Italia. Vittorio Feltri, noto giornalista e direttore di Libero, ha sempre sostenuto l’innocenza di Stasi. Dopo sedici anni di battaglie legali e mediatiche, la sua posizione sembra trovare un nuovo slancio. In un’intervista con Simona Bertuzzi, Feltri ha espresso sorpresa e commozione per l’evoluzione della vicenda, affermando: «Evidentemente i fatti mi stanno dando ragione, con molto ritardo rispetto a quello che mi sarei aspettato. Ma, come si dice, meglio tardi che mai».
la condanna di alberto stasi
La condanna di Stasi, un giovane studente di vent’anni al momento dei fatti, ha sempre sollevato interrogativi e perplessità. Feltri ha ribadito che l’ingiustizia subita da Stasi era «acclarata e per me evidentissima». Secondo il giornalista, il ragazzo ha perso «gli anni migliori della sua vita» in carcere, evidenziando la gravità delle conseguenze di un errore giudiziario.
Feltri ha anche criticato aspramente il sistema giudiziario e i media, affermando che «peggio dei magistrati ci sono solo i giornalisti». Ha sostenuto che le indagini e le deduzioni erano errate e, fin dall’inizio, aveva intuito che Stasi non fosse coinvolto. Ha sottolineato che:
- Le prove presentate erano inconsistenti.
- Non c’era l’arma del delitto.
- Non esisteva un movente valido.
Tra le prove considerate decisive, Feltri ha menzionato i pedali della bicicletta e le scarpe da ginnastica di Stasi, che sembravano collocarlo sulla scena del crimine. Tuttavia, egli ha messo in discussione la logica che portava a considerare Stasi come il colpevole, ricordando che al momento dell’omicidio, il giovane era a casa a lavorare alla sua tesi di laurea, come dimostrato dai registri del computer.
il ruolo dei media
Feltri si sofferma sul ruolo dei media nel creare un “mostro” da condannare. Secondo lui, l’attenzione morbosa dei giornalisti ha amplificato sospetti infondati, trasformando Stasi nel colpevole ideale: «Sembrava il colpevole perfetto, un ragazzo perbene, educato, mai un comportamento scomposto». Tale dinamica ha alimentato una sorta di caccia all’uomo, dove un giovane studente, ritratto come un contabile serio, veniva facilmente associato a un delitto efferato.
Feltri ha parlato di un “complesso di fesserie commesse sulla pelle di un giovane che non meritava nessuna punizione”. Ha espresso indignazione per il fatto che non siano state condotte indagini adeguate nell’ambiente di Chiara Poggi, dove avrebbero potuto emergere piste di indagine alternative, come un possibile innamorato deluso o un collega arrabbiato. Questo punto sottolinea la mancanza di un’analisi approfondita delle dinamiche sociali e relazionali che circondavano la vittima.
la nuova evoluzione della vicenda
Feltri ha accennato a un nuovo nome emerso nella vicenda, quello di Andrea Sempio, ma ha sottolineato la necessità di cautela, data la complessità della situazione. «Non lo conosco e non ho seguito nel dettaglio la vicenda che ha portato a individuarlo», ha dichiarato Feltri, spostando l’attenzione sul vero protagonista della storia, Alberto Stasi. «Pensate a lui, che si è fatto 14 anni di galera da innocente», ha aggiunto, evidenziando il dramma personale del giovane.
Col passare del tempo, Feltri ha instaurato un forte legame di amicizia con Stasi, continuando a sostenerlo durante il lungo periodo di detenzione. «Mai abbandonato, neanche un momento. L’ho incontrato proprio la settimana scorsa e l’ho sentito due giorni fa. È un carissimo amico, un bravo ragazzo, intelligente, laureato alla Bocconi», ha spiegato Feltri. La descrizione di Stasi come una persona serena, nonostante le avversità, offre uno sguardo umano su una vicenda che ha segnato profondamente la vita di un giovane.
Feltri ha voluto chiudere il suo intervento con una nota di amara riflessione: «Gli hanno rovinato la vita». Questa frase riassume perfettamente il senso di ingiustizia che permea l’intera vicenda. La storia di Alberto Stasi è un esempio di come un errore giudiziario possa avere conseguenze devastanti e durature, non solo per l’individuo coinvolto, ma anche per il sistema giudiziario e per la società nel suo complesso. La questione rimane aperta e continua a sollevare interrogativi sul funzionamento della giustizia e sul ruolo dei media in casi di alto profilo.