Il calcolo della NASPI non è solo una questione di cifre, ma richiede una conoscenza approfondita delle regole e delle formule stabilite dall’INPS.
La NASPI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) rappresenta uno dei principali strumenti di sostegno al reddito per coloro che si trovano in stato di disoccupazione nel panorama italiano. Introdotto nel 2015, questo sistema di protezione sociale ha lo scopo di fornire un aiuto economico a chi perde il lavoro involontariamente, garantendo una forma di copertura finanziaria durante il periodo di ricerca di una nuova occupazione. Tuttavia, se non si fa attenzione, si rischia di perdere un mucchio di soldi.
Uno degli obiettivi principali della NASPI è quello di semplificare e razionalizzare il sistema previdenziale, garantendo nel contempo una maggiore equità nell’accesso agli ammortizzatori sociali per i lavoratori dipendenti. Possono accedere alla NASPI i lavoratori dipendenti che abbiano perso il lavoro involontariamente, a prescindere dal tipo di contratto (a tempo determinato o indeterminato) e dalla causa della cessazione del rapporto di lavoro.
Il beneficio economico della NASPI è calcolato in base all’importo dei contributi versati e alla durata del rapporto di lavoro precedente alla disoccupazione. Il calcolo tiene conto dell’ultima retribuzione percepita e del periodo di contribuzione, con un’indennità che può variare da un minimo di circa 500 euro a un massimo di circa 1300 euro al mese.
Attenzione, però, perché se si trascura un dettaglio, si possono perdere molti soldi. Come vedremo di qui a breve, il processo di calcolo non è solo una questione di cifre, ma richiede una conoscenza approfondita delle regole e delle formule stabilite dall’INPS. La NASPI può sembrare un sostegno diretto, ma dietro ci sono complessità che solo una buona comprensione può svelare.
NASPI: così si rischia di perdere tanti soldi
Quando si parla di NASPI, non ci si ferma alla semplice durata del beneficio, ma ci si immerge in un intricato mondo di formule e coefficienti. Calcolare l’indennità non è solo una questione di anni di lavoro, ma richiede una comprensione dettagliata delle regole che governano questo ammortizzatore sociale.
Il requisito di base è chiaro: aver lavorato per almeno 13 settimane nei 4 anni precedenti la disoccupazione. Ma da qui inizia la vera sfida. Il calcolo parte dall’ammontare delle retribuzioni lorde degli ultimi 4 anni, calcolando il 75% di questa somma. Tuttavia, c’è un tetto massimo mensile per l’indennità, che nel 2024 è fissato a 1.550,42 euro.
Il primo passo è dividere la retribuzione lorda per le settimane di NASPI assegnate, poi moltiplicare per un coefficiente fisso di 4,33. Ad esempio, se la retribuzione lorda è di 73.800 euro e ci sono 142 settimane di NASPI assegnate, il risultato è moltiplicato per 4,33 per ottenere l’importo mensile spettante.
Ma attenzione, questo importo non è garantito. L’INPS stabilisce una cifra massima che può essere corrisposta mensilmente, adattandola all’inflazione. Questo significa che, nonostante la retribuzione lorda possa suggerire una NASPI più alta, il beneficiario riceverà al massimo la cifra stabilita dall’istituto previdenziale.
Per calcolare l’importo effettivo, si parte dal 75% della retribuzione media fino al limite massimo mensile. Questo importo è calcolato come il 75% di 1.425,21 euro, cui si aggiunge il 25% della differenza tra questo importo e il massimo consentito. Il totale, dopo i primi sei mesi, subisce una riduzione progressiva del 3% al mese.