Commettendo un determinato errore c’è il rischio concreto di dover restituire i soldi all’INPS. Ecco come comportarsi.
Restituire soldi all’INPS potrebbe sembrare una situazione insolita, ma è un’evenienza che può presentarsi per diversi motivi. C’è, in particolare, una circostanza che ci porterebbe a dover fare tutto ciò. Sappiate che dipende da noi: commettere un determinato errore può diventare fatale.
Le cause che possono portare a dover restituire denaro all’INPS sono varie e dipendono dal contesto e dalle circostanze specifiche. Nel caso di prestazioni soggette a determinati requisiti di eleggibilità che non siano più soddisfatti, è necessario restituire i pagamenti ricevuti dopo la cessazione di tali requisiti. E, se commettiamo quest’errore, difficilmente ne possiamo uscire.
Le dimissioni volontarie dal lavoro possono avere conseguenze significative per chi percepisce l’Assegno di Inclusione (Adi), la nuova misura di contrasto alla povertà, alla fragilità e all’esclusione sociale delle fasce deboli. La normativa è chiara: secondo l’art. 2, comma 3 del D.L. n. 48/2023, convertito in L. n. 85/2023, il nucleo familiare non ha diritto all’Adi quando uno dei suoi componenti risulta disoccupato a seguito di dimissioni nei dodici mesi successivi alla data delle stesse. Tuttavia, ci sono delle eccezioni per le dimissioni per giusta causa e per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.
Le dimissioni, ad eccezione di quelle per giusta causa, devono essere comunicate all’INPS. Se non lo si fa correttamente, si rischia di subire pesanti sanzioni. Esistono due modalità di comunicazione delle dimissioni a seconda del periodo in cui vengono date.
Le dimissioni precedenti alla richiesta per l’Adi devono essere comunicate nel modulo della domanda. Se si risulta disoccupati nei dodici mesi successivi, la domanda verrà respinta automaticamente. Le dimissioni successive alla richiesta per l’Adi: entro 30 giorni si deve presentare il modulo Adi Com-Esteso per le comunicazioni obbligatorie durante l’erogazione della misura.
Ma quali sono le conseguenze nel caso di dichiarazioni mendaci o di omessa comunicazione di variazione del reddito o del patrimonio? La legge prevede l’applicazione di sanzioni penali. Chi rende false dichiarazioni o non fornisce informazioni rilevanti per ottenere l’Adi può essere punito con la reclusione da due a sei anni, a meno che la condotta non costituisca un reato più grave. Anche l’omessa comunicazione di variazione del reddito o del patrimonio può portare alla sanzione penale della reclusione da uno a tre anni.
Inoltre, c’è la decadenza dal beneficio per chi viene condannato in via definitiva per aver ottenuto l’Adi in modo fraudolento o per qualsiasi reato non colposo con pena da un anno in su. La decadenza comporta la restituzione di quanto percepito e l’immediata disattivazione della Carta di Inclusione da parte dell’INPS. Pertanto, è fondamentale fare molta attenzione alle dimissioni volontarie dal lavoro se si è beneficiari dell’Assegno di Inclusione, evitando comportamenti che possano comportare sanzioni penali e la perdita del beneficio.
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