Cosa sta succedendo per le donne che pensavano di ricevere un cospicuo “bonus mamme”: ecco tutti i dettagli.
Negli ultimi anni, molte madri lavoratrici nel nostro Paese aspettavano con trepidazione l’arrivo degli stipendi di febbraio, attendendo di vedere riflessi nei loro conti un sostanziale aumento attraverso il cosiddetto “bonus mamma“, un incentivo introdotto per aiutare le famiglie.
Al contrario rispetto alle aspettative, tuttavia, l’aumento netto percepito è risultato più basso di quanto previsto, scatenando non poche delusioni. Ma sorvolando la prima impressione, si fa strada la vicenda per cui la situazione ha delle sfumature che hanno bisogno di essere esaminate meglio.
Questo bonus, reso celebre dalla legge di bilancio 2024, prevede un esonero sui contributi previdenziali (IVS) per le madri lavoratrici con due, tre o più figli, in base ad alcune specifiche condizioni familiari. Lo scopo è evidente: dare una mano alla natalità e offrire un supporto economico alle famiglie più larghe, agevolando le donne che mantengono un’attività lavorativa dipendente, sia nel settore pubblico che privato.
A livello numerico sono 800mila madri potrebbero beneficiare di questo bonus, che si trasforma in un’esenzione contributiva mensile di 250 euro circa.
Nonostante le aspettative, l’aumento netto in busta paga si è manifestato in forma meno importante di quanto molti si erano prefigurati. Questa discrepanza è attribuibile alla dinamica tra l’esenzione contributiva e il conseguente incremento dell’imponibile fiscale, che porta a un aumento dell’IRPEF lorda dovuta e a una potenziale riduzione delle detrazioni per lavoro dipendente.
In altre parole, sebbene il bonus riduca i contributi previdenziali a carico della lavoratrice, tale vantaggio viene in parte eroso dall’aumento delle tasse derivante dall’incremento dell’imponibile.
Prendendo come esempio una lavoratrice con uno stipendio mensile di 1.500 euro, il calcolo illustra che, nonostante l’esonero totale dei contributi IVS grazie al bonus, l’aumento netto effettivo in busta paga si colloca intorno ai 106,34 euro. Ciò è dovuto all’aumento dell’imponibile fiscale, che influisce sull’IRPEF lorda e sulle detrazioni.
L’agevolazione è ristretto a chi detiene un contratto di lavoro a tempo indeterminato, lasciando fuori le lavoratrici con contratti precari, autonome e domestiche. Per farvi accesso, le interessate devono far sapere al datore di lavoro di soddisfare i requisiti richiesti dalla legge, fornendo una dichiarazione che specifichi il numero di figli a carico e i relativi codici fiscali, consentendo così l’applicazione dell’esonero nelle denunce contributive mensili all’INPS.
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